Album: Munfrâ

testo e musica: Paolo Enrico Archetti Maestri

Nebbia e un castello rovesciato
acqua che brucia, nuvole di tufo
candidi solchi che il pennello ha lasciato
racconti d'amore, occhi di gufo

Era iniziato il tempo del sogno,
intinsi la mia punta nella luce
avevo già imparato dal buio
come si acceca, come si cuce

Sono un vagabondo che cura la vite arrampicata sulla schiena della storia
ed è con le carezze che sciolgo la corda che stringe i ricordi, limpidi o torbidi,
traditi, riemersi, dimenticati o persi della mia memoria

Terra delicata e ribelle
divisa dalla lingua e dall'aratro
amore nato in un groviglio di stelle
uno sbaglio che profuma di bucato

Era già il tempo del risveglio,
quando mi fidai del coro di regine,
il miele scivolò sulla pelle del caglio
si diffuse oro, tra le colline

Fu quello il momento in cui il lampo ha reso gemelli gli amanti, in un campo
d'aria di mare ed i sensi abbracciati e gli occhi di quel bimbo cerbiatti appena nati.
Finisce la festa, i diavoli affamati ecco la tempesta

La spada spezzò il tamburo del tuono
il cuoco Aleramo, Alasia la ricamatrice
Ottone li perdonò, propose il suo dono
ogni ferita divenne cicatrice

Un cavallo di vento e di piuma
sul profilo mutevole del bosco
era ormai il tempo dell'uva
io un pennello ubriaco di mosto

Non più di tre al buio non più di tre alla luce, clessidra che folle mi acceca,
ma cuce il gran fiume alle colline a colpi di zoccolo, sabbia e mattone
questa terra avrà un nome è così che è nato il Monferrato

Io sono sguardo acerbo che intinge la punta delle ciglia nel cielo ed attinge
il verbo dalle foglie in cui s'impiglia intreccio e poi traccio le trame, vi consolo,
raddrizzo la curva di ogni parola… È così che volo.


(Grazie a Roberta Pace per questo testo)

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